VIAGGIO 2005

                                                                                                               I Bambini di Naluggi

Bambini e bambine che ti guardano prima con curiosità e poi ti sorridono rispondendo con entusiasmo al tuo saluto. Non finiscono mai i bambini di Naluggi.
Sono dappertutto; prima ne vedi uno, un momento dopo sono cinque, poi dieci e un momento dopo non riesci più a contarli.
Sono dappertutto e a tutte le ore. Li vedi già al mattino presto in fila, lungo il rosso e polveroso sentiero che li porta, con la tanica in testa chiusa da un pezzo di banana come tappo, a prendere l’acqua lontano; alla pompa pubblica manuale se va bene e se funziona, o altrimenti in pozzanghere d’acqua – così a noi sembrano – di incerto colore.
Bambini scalzi, con uno straccetto addosso di indefinibile stato e colore, che dopo dovranno andare a scuola, se sono fortunati a poterla frequentare e se faranno in tempo ad arrivarci, oppure li vedi dopo a lavorare nei bananeti, nei campi di caffé, di ananas, di the o a badare alle mucche dalle lunghe corna
L’acqua che non c’è e gli occhi di bimbi che non finiscono mai e che ti guardano ma non ti chiedono niente. Sono queste le cose che ti restano impresse quando vai laggiù e come un alieno ti ritrovi in un altro mondo, dove ci sono posti e paesaggi incredibili ma sei sbalordito a toccare con mano la vera natura e la dimensione immensa dei problemi della gente di lì e che forse conoscevi dai giornali o dalla TV, che però potevi chiuderli o spegnerla se non ce la facevi o non volevi farti coinvolgere più di tanto. Quando sei laggiù non puoi non vedere o far finta di fare altro.
Sei prima sconcertato e poi avvilito per non avere la bacchetta magica per risolvere subito, cambiare subito le cose. Fai di getto quello che puoi fare lì ma quando te ne sei andato c’è un qualcosa che ti gira dentro, un  tarlo che ti lavora e che istintivamente ti fa chiudere subito, in casa, il rubinetto dell’acqua per non sprecarla, perché l’acqua è preziosa e ti fa ricordare quei bambini di Naluggi in fila a cercarla camminando, camminando sempre ed ogni giorno.
Quell’ acqua che è davvero vita, che ti cambia radicalmente le abitudini e il modo di vivere se ce l’hai, che ti porta igiene personale ed alimentazione, che ti libera da malattie per noi ormai impensabili, che ti solleva da fatiche immani e ti consente di vivere con la certezza che domani sarà veramente un altro giorno per te e i tuoi figli.

Pino Fazio – Udine

DOMANDE

Da quando Alda e io siamo tornati dall’Uganda non abbiamo mai saputo rispondere alla domanda “com’è stato il viaggio?”. Rispondere bello sarebbe banale, dire che a volte l’adattamento è stato complicato è parziale, che i luoghi e la popolazione sono straordinari e semplicistico. Rispondiamo a tutti che è stato un viaggio nel tempo e nelle emozioni, che toccare una capanna di fango, salutare la manina nera che li vi abita non è come vederla dentro la scatola magica della televisione. E’ diverso; toglie la parola, fa riflettere. Per questo motivo non abbiamo ancora trovato una risposta a quella domanda ma dentro noi portiamo ancora l’emozione di quanto vissuto laggiù.

Massimo e Alda

IL VIAGGIO

Un viaggio tanto atteso e desiderato: non una vacanza ma un’esperienza importante per il mio percorso di vita. In un primo momento le cose che mi hanno impressionato maggiormente sono state i colori dell’Africa, che spaziano dal verde intenso degli alberi ai rossi delle orchidee, ai tessuti variopinti degli Ugandesi vestiti a festa, ed il sorriso dei bambini. Sulla via di Naluggi, seguendo un percorso di terra rossa in mezzo alla foresta, ho preso coscienza della realtà delle cosa. Un impatto violento con la situazione che, vista in prima persona e non narrata, ti lascia senza fiato…. Un mondo dove una pozzanghera marrone diventa una ricchezza, dove l’alimentazione si basa solo su quanto ti da la natura e dove il tempo si è fermato con tutto ciò che ne consegue. Niente orari, solamente la natura che con le sue regole scandisce i momenti della vita, belli o brutti che essi siano. Ed in quel momento mi sono resa conto che noi, con i mille problemi che ci assillano quotidianamente, stiamo perdendo il sapore delle piccole cose.

Donatella Gregoretti

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